La prossima frontiera dell’allevamento di anguilla europea: allevamento a ciclo completo

Dote, passione o la genialità italiana? Cosa spinge il ricercatore italiano di essere ancora avanti nella ricerca di riproduzione artificiale dell’anguilla rispetto ai colleghi europei nonostante la mancanza di investimenti privati, ma anche l’insufficienza degli investimenti pubblici? Come possiamo proteggere questa specie cosi rara e unica nel suo ciclo di vita e per quello in un pericolo critico dell’estinzione, ma nello stesso tempo di creare profitti allevandola?

Questo è molto altro nell’intervista con uno dei più grandi esperti europei nel campo di riproduzione artificiale dell’anguilla – Dott. Oliviero Mordenti, Direttore del Master di I Livello in Acquacoltura e Ittiopatologia del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie presso l’Università degli Studi di Bologna.

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La passione per le anguille di Oliver Mordenti

È nata in maniera del tutto casuale – come nascono poi spesso le cose importanti. Sono stato chiamato da un altro gruppo di ricerca, che non aveva esperienza sui pesci ma solamente sui molluschi, in quanto avevano vinto un piccolo  finanziamento proprio sullo sviluppo gonadico delle anguille. Hanno chiesto una mano a me, perché sapevano che mi occupavo delle tecniche di riproduzione artificiale. E devo essere sincero inizialmente ero molto titubante – se accettare o meno – perché sapevo che già tanti  miei colleghi a livello mondiale avevano fatto sperimentazioni sulla riproduzione artificiale dell’anguilla con risultati nulli o modesti e mi dicevo: “No, cosa vuoi fare? Non abbiamo ancora le attrezzature, i mezzi!”.

Seicentocinquanta chilometri di corsa dalla sorgente di Pian del Re fino a Pila del Po sul mare Adriatico allo scopo di raccogliere fondi per la ricerca della salvaguardia dall’estinzione dell’anguilla.
Photo by © Mandragola Editrice 2021

Poi invece la sfida è stata accettata, e quasi a sorpresa nel giro di sei mesi circa siamo riusciti ad ottenere le prime uova di anguilla. Immaginate che non avevamo neanche i maschi per fecondare le uova, perché non aspettavamo di arrivare alla ovulazione! Tra l’altro col senno di poi, queste uova erano veramente pessime, di brutta qualità, ma il fatto di riuscire a favorire la maturazione gonadica (in altre parole lo sviluppo di organi sessuali) e addirittura l’ovulazione in ambiente artificiale sicuramente è stato per noi un grande successo. Da lì è nata una sensibilità anche da parte della Regione Emilia-Romagna, che ha iniziato a supportarci con i piccoli finanziamenti, e quindi siamo andati avanti con la ricerca.

Adesso facciamo parte di questo importante progetto LIFEEL (LIFE19 NAT/IT/000851), co-finanziato dalla Comunità Europea, nell’ambito del Programma LIFE – Biodiversità, dove, oltre dell’Università di Bologna, partecipano anche l’Università degli Studi di Ferrara, la Regione Emilia-Romagna, la Regione Lombardia, che fa la capofila, il Parco Delta del Po Emilia-Romagna, il Parco Regionale Veneto del Delta del Po, il Parco Lombardo del Ticino, la società G.r.a.i.a. S.r.l.  la quale si occupa della ricerca ambientale ittica e l’Istituto Ricerca Ittica ‘DEMETER’ (Grecia). Il progetto ha un budgete di oltre 5 milioni di euro, finanziato per il 50% dalla UE, con la compartecipazione di co-finanziatori esterni (Fondazione Cariplo, Enel Green Power, Canton Ticino, e Associazione Italiana Pesca Sportiva e Ricreativa). È un progetto molto ambizioso, che mira alla salvaguardia di anguilla e all’interno del quale abbiamo due ruoli:

  • individuare i migliori riproduttori che abbiamo nel nostro delta del Po;
  • mettere a punto una tecnica di allevamento larvale per produrre dei piccoli – in questa fase sono ancora leptocefali – da liberare in natura a scopo di ripopolamento e di allevamento.

Il Progetto LIFEEL: progetto di conservazione dell’Anguilla europea

LIFEEL è il primo progetto di conservazione dell’Anguilla europea concepito a scala dell’intero bacino del Fiume Po. Finalizzato a mantenere ed incrementare lo stock naturale di Anguilla anguilla, esso risponde alle grandi minacce che affliggono la specie – frammentazione del reticolo idrografico, pressione di pesca sui riproduttori per il consumo umano e sui giovani per l’acquacoltura, disinformazione – con un approccio condiviso e partecipato, e per alcuni aspetti estremamente


Al sito del progetto

Le peculiarità dell’anguilla e le problematiche di salvaguardia della specie

Dal 2013 anguilla è entrata nella Lista Rossa Italiana, nella categoria “In Pericolo Critico”, con un grado di difficoltà quindi molto elevato e prossimo all’estinzione. Questo evento ha anche smosso un po’ la politica europea, anche se il tema è entrato nella sua agenda ancora all’inizio del millennio (Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo – Verso un piano d’azione comunitario per la gestione degli stock di anguilla europea /* COM/2003/0573 def.)

21 aprile 2018. 700 anguille e storioni liberati nel Delta del Po:
una corsa per salvarli dall’estinzione. Photo by © RavennaToday

Perché la specie è andata in crisi? Anguilla Europea è una specie ittica migratoria il cui ciclo biologico è considerato unico in relazione alla natura e all’ampiezza delle migrazioni legate alla riproduzione:

Ciclo biologico dell’anguilla.
Photo by © Eel Stewardship Association
  • è un pesce che si riproduce una volta sola nella vita, questo è sicuramente un aspetto che non aiuta, pensando alla salvaguardia.
  • è un pesce che per riprodursi deve nuotare per 7000- 9000 km, perché deve raggiungere il Mar dei Sargassi, quindi deve attraversare nel caso nostro tutto l’Adriatico, il Mediterraneo, lo stretto di Gibilterra, l’Atlantico e puoi riprodursi.
  • i piccoli impiegano 2-2,5 anni a ritornare nelle coste europee, sfruttando soprattutto le correnti del Golfo, pensiamo qui di tutte le problematiche ambientali, che ne seguono spesso e quindi incidono negativamente.
  • non vivono solo in mare, ma anche in acqua dolce, quindi devono risalire i fiumi con tutte le problematiche di inquinamento, di sbarramenti, delle dighe, delle centrali idroelettriche, ecc. ecc.
  • la maturità sessuale viene raggiunta non velocemente, ma ci vogliano da 7 fino a 15 anni e poi devono riscendere di nuovo i fiumi.

Quindi è chiaro che nel suo ciclo riproduttivo, così particolare e unico, l’anguilla incontra tantissimi ostacoli, quali l’inquinamento ambientale, i cambiamenti e riduzione dell’habitat, le ostruzioni lungo la via migratoria, i cambiamenti nelle correnti oceaniche e la pesca eccessiva soprattutto delle forme giovanili. L’allevamento dell’anguilla, che ha i numeri importanti a livello europeo, infatti prende avvio dal reperimento dei piccoli in natura.

Dott. Oliviero Mordenti

I progressi, le sfide e le prospettive di riproduzione artificiale dell’anguilla

Secondo noi la tecnica di riproduzione artificiale, che stiamo adottando e che ormai viene adottata anche dai nostri colleghi danesi, è messa a punto. Riusciamo ad ottenere un numero di larve mediamente molto elevato: si va da un minimo di 200.000-300.000 fino a sfiorare un 1.000.000 di larve per ogni femmina. Tre quarti d’ora fa abbiamo avuto un parto con una femmina che ha emesso circa 900.000 uova, quindi come di può capire il  potenziale riproduttivo è enorme. Anche il livello di fecondazione è molto buono e l’abbiamo messo a punto. Diciamo quindi che il primo ostacolo è stato superato. Adesso dobbiamo pensare alla fase di alimentazione larvale.

foto di una larva di anguilla di 21 giorni di età
Foto di una larva di anguilla di 21 giorni di età.
Photo by © Oliver Mordenti

Per il secondo ostacolo – proprio l’alimentazione larvale – abbiamo degli spunti buoni. Abbiamo trovato qualche alimento che viene ingerito dalle larve, con il quale riusciamo a portarle a circa 30-32 giorni di vita, ed è il nostro punto di partenza per quest’anno. Ed è un buon punto, perché vediamo che larve lo cercano, lo mangiano attivamente e lo troviamo nell’intestino e in tutto l’apparato digerente, quindi non solo nella bocca.

Sicuramente trovare l’alimento non è facile. Non è facile, perché la larva in queste fasi ha un apparato boccale molto piccolo – siamo attorno ai 80-100 micron. Ma non è solo la dimensione il problema, è proprio la forma della bocca, ch’è stranissima: ricorda i pesci abissali con queste bocche un po’ strane con i filamenti sulle labbra e che sono anche morbidi. Quindi chissà che cosa mangia?

Abbiamo testato tantissimi alimenti da quando abbiamo messo a punto la riproduzione, da quando abbiamo il numero consistente di larve. All’inizio si parte da quello che si trova in commercio per acquacoltura, che viene utilizzato per lo svezzamento dei “branzini e orate”, con tutti gli integratori. Però questi alimenti non hanno funzionato, quindi abbiamo cambiato strategia e abbiamo trovato una base, una sostanza con la quale vediamo che i piccoli si alimentano attivamente. Sicuramente questo alimento presenta ancora delle carenze nutrizionali ed è quello, che stiamo cercando di aggiustare. Ed è il livello di oggi.

Ricerca italiana conta su genialità

Olivero Mordenti con angluilla nel laboratorio di ricerca.
Photo by © Gagarin Orbite Culturali Edito da GAGARIN APS

Fino a due anni fa noi – italiani – eravamo più avanti dei danesi e degli olandesi abbiamo ancora un vantaggio nei termini di riproduzione artificiale, guardando anche le pubblicazioni scientifiche. Se non tener conto magari di qualche segreto che non sia stato ancora pubblicato, siamo attualmente gli unici che otteniamo in vasca la riproduzione spontanea senza stripping: mettiamo la femmina in questa sorta di sala parto con quattro maschietti e nel 70-80% dei casi abbiamo proprio la riproduzione spontanea, senza alcun tipo di manipolazione. Ciò significa che la qualità delle uova ed il livello di fecondazione è ottimale, anzi è molto elevato. Se non riescono a riprodursi spontaneamente interveniamo noi, ma il risultato è inferiore sia in termini numerici e anche qualitativi.

Per quanto riguarda l’alimentazione sembra che i miei colleghi siano arrivati a 40-45 giorni di vita anche se non ci sono dati scientifici che lo testano e quindi ci sono dei passi in avanti. La mia ipotesi – che ovviamente è più intuizione, che un dato scientifico – è che se riusciamo ad ottenere la forma classica del leptocefalo, dal classico aspetto fogliare, cioè superare questa fase critica dai 30 ai 60 giorni – dopo la strada, secondo me, si apre.

Una cosa c’è da dire, è la sproporzione fra i miei colleghi danesi, olandesi in termini di finanziamenti. Ad esempio in Danimarca per lo stesso progetto già da 7-8 anni possono contare su un investimento di €2.000.000 – €3.000.000 annui provenienti sia da aziende private che dal il ministero da utilizzare per la ricerca nell’ambito della riproduzione e dell’alimentazione. Per tanti anni noi facevamo le stesse prove con un budget di €18.000 e €25.000 all’anno. Quindi c’è una sproporzione in termini di forze, anche del personale. Per fortuna adesso il progetto LIFEEL – cofinanziato dalla Comunità Europea – sicuramente ci dà l’ossigeno, necessario per rinnovare le strumentazioni, per poter avere più forze di personale, avere più ragazzi da formare per seguire il lavoro. Sicuramente ci aiuta quest’aspetto – l’aspetto finanziario.

Dott. Oliviero Mordenti

Cosa manca per lo sviluppo del settore di acquacoltura e per la ricerca applicata in Italia

A livello ministeriale ultimamente si sta muovendo parecchio, c’è uno sforza soprattutto in alcuni settori. Capisco anche le imprese, perché in Italia non abbiamo aziende grossissime di acquacoltura, spesso sono anche a conduzione familiare. Quindi per fare la ricerca seria spesso rischi di mettere in difficoltà l’azienda, quella che ti cerca per la collaborazione, ma quando vede il business plan e i costi rimane un po’ spiazzata. Ripeto, in Italia non ci sono grossissime aziende, che possono investire sulla ricerca, come invece si può trovare in altri paesi, ma che sono spesso anche supportati dal ministero e da finanziamenti pubblici. Quindi in Italia direi – per com’è strutturato il settore – manca spesso questo link fra il pubblico, la ricerca universitaria e l’azienda, e se ci fosse potrebbe portare un risultato sicuramente positivo.

L’acquacoltura è l’unica strada: consiglio pratico per i neo-allevatori

Sicuramente la pesca ad oggi giorno è in crisi, perché peschiamo sempre di meno indubbiamente. Se vogliamo nello stesso tempo continuare ad utilizzare delle proteine di origine animale di altissimo livello – per non parlare dei famosi Omega-3 – dobbiamo ricadere nel pesce. Sicuramente ad oggi l’acquacoltura è un mezzo estremamente valido di sostituzione del pesce catturato, pescato. Con tutte le critiche che si possono fare all’acquacoltura – è l’unica strada attualmente disponibile.

Per approfondire: gli Omega-3 e il cuore

Gli Omega-3 sono degli acidi grassi polinsaturi presenti in vari alimenti, soprattutto nel pesce, nell’olio di pesce, nei crostacei, nelle noci, nelle mandorle, in vari tipi di semi (girasole, lino, canapa) e di oli vegetali, nella lecitina di soia.

Sono detti “essenziali”, perché per stare in salute dobbiamo introdurli con il cibo che mangiamo. Alcuni importanti studi, nel tempo, hanno consolidato l’opinione che costituiscano un utile presidio contro le malattie cardiovascolari, in grado di ridurre il rischio di infarti e ictus, ridurre il rischio di morte precoce, abbassare i livelli di colesterolo e di trigliceridi. Anche se i recenti studi hanno precisato che i dati non permettono di dire se mangiare pesce ricco di acidi grassi essenziali faccia bene al cuore.

Ma sicuramente il pesce in più nella nostra dieta prende il posto di altri cibi che potrebbero essere meno positivi per la salute. Anche iodio, selenio, calcio e vitamina D fanno bene, e sono molto meno comuni nei cibi che il pesce potrebbe sostituire.

Fonte: © Fondazione Umberto Veronesi


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L’acquacoltura – parliamo di quella italiana, ma europea in generale – è in grado di dare la produzione di ottima qualità: mai con livelli di lipidici elevati, altissimo livello biologico delle proteine, ricchi di Omega-3, parliamo di un prodotto davvero ottimo dal punto di vista nutrizionale. Quindi bisogna puntare tantissimo sull’acquacoltura, ma è la FAO stessa lo dice, evidenziando continuamente la necessità di “sfruttare il potenziale dell’acquacoltura”, salvando anche molte specie selvatiche oggi in pericolo.

Ovviamente è un settore in continua espansione, ancora giovane rispetto a qualsiasi altra attività zootecnica come quelle terrestri. Ci sono dei margini di miglioramento sicuramente elevati, si può e bisogna migliorare in tantissimi aspetti:

  • attualmente ancora poche specie vengono allevate, quindi bisogna anche spingere nella ricerca per le nuove specie ittiche di interesse per la acquacoltura, preferibilmente a ciclo competo di riproduzione
  • siccome è un’attività relativamente giovane, non è facile anche dal punto di vista degli investimenti. Soprattutto se si pensa di fare un allevamento nell’ambito marino, dove gli investimenti sono apparentemente elevati. Se si produce del pesce d’acqua dolce, quindi nelle acque interne, probabilmente gli investimenti per un imprenditore sono sicuramente più affrontabili.

È un’attività particolare e bisogna avere del personale formato. Quindi se un’azienda deve partire da zero, il mio consiglio è quello di avere a livello dei vertici perlomeno il personale che abbia una certa formazione e l’esperienza.

Authors & Credits

Esperto: Dott. Oliviero Mordenti

Dott Oliviero Mordenti, Partner del Consorzio Biotecnomares

Laureato in Scienze Agrarie presso l’Università di Bologna; nel 1996 consegue il titolo di Dottore di Ricerca in Scienze Zootecniche presso l’Università degli Studi di Bologna; Professore Associato nell’ambito di Scienze e Tecnologie Animali, dal 2021 è Direttore del Master di I Livello in Acquacoltura e Ittiopatologia del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie (DIMEVET) presso l’Università degli Studi di Bologna.

L’attività di ricerca è legata preminentemente ai settori dell’acquacoltura, della gestione dei popolamenti ittici naturali e della qualità dei prodotti ittici

Nell’ambito delle specie ittiche anadrome/catadrome sono state condotte sperimentazioni che hanno permesso di mettere a punto una tecnica di riproduzione artificiale nei confronti di due specie in via di estinzione quali l’anguilla europea (Anguilla anguilla) e lo storione cobice dell’Adriatico (Acipenser naccarii). Per l’anguilla sono stati eseguiti studi sulla qualità dei gameti maschili e femminili e prove di paternità durante la riproduzione spontanea in ambiente controllato.

Ha partecipato e diretto più di 30 progetti di ricerca, la lista delle pubblicazioni scientifiche contiene più di 100 voci.

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